Accade nello Spazio - Agosto 2014

Data di pubblicazione: 28/07/2014  
Planetario

È venuto il momento di pensare a come chiamare i numerosi sistemi planetari oggi noti: con ben 1810 pianeti in 1225 diversi sistemi, l’Unione Astronomica Internazionale ha deciso di ricorrere all’aiuto del pubblico per scegliere e poi votare i nomi più adatti. Se avete sempre sognato di battezzare un mondo, potete partecipare anche voi con le vostre proposte, tramite il progetto “Name Exoworlds”

Attenzione però a non incappare nei falsi mondi! Le speranze di tutti si erano accese quando il pianeta Gliese 581d fu indicato nella fascia abitabile del suo sistema. Per nove anni è stato considerato uno dei luoghi più simili alla Terra fuori dal sistema solare, finché le ultime verifiche hanno dimostrato che in realtà quel pianeta… non esiste.

Non mancano beghe planetarie anche a casa nostra: per spiegare il massiccio nucleo di ferro di Mercurio, si invoca uno scenario in cui il pianeta sarebbe nato molto più simile alla Terra ma a seguito di una collisione primordiale avrebbe perso la maggior parte della sua massa. Le creste, montagne e valli che caratterizzano il paesaggio di Ganimede sarebbero invece stati plasmati da una tettonica a placche simile a quella terrestre. Recenti modelli geodinamici aiutano a riprodurne l’aspetto. Dopo 10 anni di volo, la sonda Rosetta si appresta a raggiungere, proprio questo mese, l’agognata cometa 67P/Churyumov-Gerasimenko. A confermare che si tratta di una destinazione ostica non solo il nome, ma la scoperta che il nucleo della cometa è doppio, o composto da due unità a contatto. Grande è stata la sorpresa tra gli scienziati dell’Esa: non si era mai scoperta una cometa dal nucleo binario, ma soprattutto è alta la tensione per le ripercussioni che questa notizia avrà sull’atterraggio del modulo Philae, che dovrebbe toccare la cometa in novembre. La complessa sagoma e rotazione del nucleo rischia di rendere l’operazione molto più complicata del previsto. Dalla polvere di comete alla polvere di stelle: non si capiva come i grani di polvere potessero sopravvivere alle esplosioni di supernova, finché un’esplosione recente ha permesso di stabilire che le dimensioni dei grani sono più grandi di quanto si ritenesse. Determinare l’età delle stelle è un’impresa complessa. Gli astronomi di Harvard hanno datato la formazione di 22 stelle simili al Sole. Ci sono riusciti con la tecnica della girocronologia, ovvero la misura delle variazioni di splendore dovute alla presenza di macchie stellari sulla superficie delle stelle: ciò permette di misurare i loro periodi di rotazione, che decadono nel tempo, rallentando all’invecchiare dell’astro. Intanto, un lampo gamma durato quasi 6 ore è stato l’esito dell’esplosione di una supergigante blu avvenuta 4 miliardi di anni fa. La stella aveva una massa centinaia di volte maggiore del Sole e caratteristiche chimiche assai simili a quelle delle primissime stelle, formatesi nell’universo oltre 13 miliardi di anni fa. Con un’indagine estremamente ampia – setacciando l’alone che circonda l’intera Via Lattea – gli astronomi hanno scoperto le due stelle più distanti della galassia. Sono due supergiganti rosse che si trovano a ben 775000 e 900000 anni luce dal centro della Via Lattea, ovvero quasi a metà strada verso la Galassia di Andromeda! I mostruosi getti di gas che vengono sputati via dai buchi neri supermassicci al centro delle galassie sono uno degli ingredienti imprescindibili della descrizione dell’attività dei nuclei galattici e dell’evoluzione delle galassie. Ma il meccanismo con cui la materia viene accelerata a formare questi getti è rimasto a lungo un mistero. Ora si è scoperto che a spingere l’idrogeno molecolare lungo i getti sono rapidissimi flussi di elettroni, accelerati dal buco nero centrale fin quasi alla velocità della luce. Sul versante meno energetico dello spettro, tutt’altri lampi vengono emanati dalle galassie nelle onde radio. Scoperti un anno fa dai ricercatori dell’Osservatorio di Cagliari, i lampi radio sono stati avvistati di nuovo dal radiotelescopio di Arecibo: da questa osservazione viene la conferma che la loro natura è di provenienza extragalattica, tuttavia la loro interpretazione è ancora avvolta nel mistero. E per concludere con il mistero dei misteri, come si fa a sapere se è credibile la teoria del multiverso? L’idea che esistano innumerevoli universi paralleli e separati è affascinante quanto difficile da mettere alla prova. Una simulazione prevede che gli urti tra le “bolle” di questo multiverso possano lasciare delle impronte nella radiazione di fondo cosmico. Sarebbero l’esito delle collisioni fra due bolle differenti, e avrebbero l’aspetto di “dischi nel cielo”. Chissà se gli scienziati riusciranno a rilevarli: per il momento lasciano piuttosto pensare a un fantasioso analogo dei cerchi nel grano.

Al planetario: “Deep Sky Grand Tour” in programma il 28/8 alle 22.