Accade nello spazio - Luglio 2016

Data di pubblicazione: 07/07/2016  
Planetario

Ci risiamo: ancora onde gravitazionali. Per la seconda volta il grande interferometro LIGO le ha sentite. Erano state captate nella notte fra Natale e S. Stefano, e furono generate dalla fusione tra due buchi neri (come nella storica scoperta del 14/9/2015), anche se inferiori rispetto al primo caso. Stavolta, la collisione riguarda due buchi neri di sole 14 e 8 masse solari: ha formato un buco nero di 21 masse solari e rilasciato l’equivalente di un intero Sole in energia dell’onda gravitazionale. Così l’astronomia delle onde gravitazionali entra davvero nel vivo, inaugurando una nuova pagina della ricerca astrofisica: possiamo aspettarci diverse sorprese, ora che gli astronomi si preparano al secondo ciclo di osservazioni di LIGO, che sarà finalmente affiancato anche dall’entrata in funzione dello strumento italiano VIRGO.  

Tanto meglio, perché nel frattempo la tecnologia di rivelazione di queste onde infinitesime si sta preparando al grande balzo nello spazio: con il successo oltre le aspettative di LISA Pathfinder, che ha recentemente superato brillantemente i test di stabilità nello spazio, ottenendo un “galleggiamento in caduta libera” al riparo da ogni genere di perturbazione: servirà a comporre il grande interferometro laser e-LISA, un vero “telescopio” gravitazionale, esteso su milioni di km, nel 2034.

Per un progetto ancora futuribile, un altro che giunge al traguardo: il 4 luglio – l’Independence Day americano – la sonda Juno arriva a Giove, tornando a esplorare da vicino il pianeta dopo i fasti della sonda Galileo e il fugace sorvolo di New Horizons. Ma Juno è una missione dal design innovativo e si soffermerà premurosamente intorno a Giove per circa due anni, studiando l’abbondanza d’acqua, il campo magnetico e perfino le origini del gigante del sistema solare.

Sull’onda del recente Asteroid Day, ecco l’aggiornamento della strategia targata ESA per difenderci da un asteroide in rotta di collisione con la Terra. Dal concept della vecchia missione Don Quixote, nasce AIM: Asteroid Impact Mission, la prima sonda diretta a un pianetino binario. Se ne è parlato anche al Planetario: ecco il servizio sull’evento che si è svolto il 30/6 scorso, con il coordinamento nazionale del Virtual Telescope Project. Ci siamo accorti che c’è anche un pianetino che, da un po’ di tempo (quasi cent’anni!), si diverte a fare il “satellite” della Terra: gira attorno al Sole con un periodo identico al nostro pianeta, un movimento in risonanza da cui risulta un’orbita apparente intorno alla Terra. Il nostro nuovo, piccolo quasi-satellite si chiama 2016 HO3 e non è il primo a comportarsi così: anche 2003 YN107 fece lo stesso dieci anni fa, ma solo per qualche mese, mentre il nuovo pianetino non ha intenzione di allontanarsi presto. Continuerà ad accompagnarci ancora per molti secoli. Un tempo lungo anche per la stabilità delle orbite cometarie: ma i calcoli più recenti mostrano che anche la cometa più amata, quella di Halley, manterrà un’orbita stabile per almeno 300 anni, nonostante le perturbazioni di Venere e di Giove. C’è tutto il tempo per riferire della scoperta, importantissima, fatta da Rosetta sulla cometa 67P a pochi mesi dal termine della sua missione: fra le polveri della cometa sono state trovate molecole di glicina, un amminoacido, e il fosforo, entrambi elementi essenziali per la vita. Inoltre, gli studi sulla rotazione dei nuclei cometari stanno arrivando a comprendere la dinamica che provoca la formazione di comete dall’aspetto bizzarro come la Churyumov Gerasimenko: i suoi due grandi lobi potrebbero essersi separati e riappiccicati più volte nel tempo, ad esempio a causa di incontri ravvicinati con Giove o della perdita di gas.

Quanto rapidamente si espande l’universo? Vi sono diversi approcci indipendenti per misurarlo, tramite la costante di Hubble: ma i risultati sembrano incompatibili fra loro. Ne risulta un’interessante discussione su quali processi fisici potrebbero nascondersi “minacciosamente” dietro i dati (neutrini sterili? energia oscura fantasma?), in uno dei dibattiti che movimentano la cosmologia attuale.

Terminiamo con la segnalazione di un fenomeno elettrizzante, tipico delle terre dell’estremo nord, ma che da qualche anno si propone a latitudini sempre più basse: le nubi nottilucenti. A dispetto della loro apparenza, strisce illuminate di un suggestivo blu elettrico, la loco comparsa in cielo non rappresenta un bel segno. A causare il loro progressivo aumento è infatti l’anidride carbonica, che per quanto riscaldi il suolo terrestre raffredda invece la mesosfera, e il metano, che aumenta la concentrazione di vapore acqueo a grandi altezze. Insomma, la presenza delle nubi nottilucenti è un altro segno del cambiamento climatico in atto, ai confini dello spazio. 

 Al planetario: “Le Stagioni del Cielo” in programma il 5/7 alle 22, 6/7 alle 21, 14/7 alle 21, 21/7 alle 21, 23/7 alle 21, 28/7 alle 22.